I molti mondi di Hugh Everett III
Sessantasettesima puntata
Hugh Everett III fu un fisico del ‘900 noto per la sua “interpretazione a molti mondi” della meccanica quantistica, secondo la quale tutto ciò che è possibile avviene, in una moltitudine di universi paralleli. In questa intervista impossibile ci spiega lui stesso di che si tratta.
- Autori: Franco Bagnoli
- Altre voci: Chiara Piselli.
- Regia: Edoardo Massaro
- Musica: Ginger Underground / Full of Love da Stay Tonight di Till Paradiso (https://freemusicarchive.org/music/till-paradiso)
Podcast: Download (Duration: 16:22 — 37.5MB)
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Storia drammatica di uno scienziato che non conoscevo e che ha dato un contributo importante mettendo in evidenza che potevano esistere alternative all’interpretazione di Copenhagen. Due domande:
1 – esistono ulteriori spiegazioni e scenari alle interpretazioni di Copenhagen e di Everett?
2 – l’equazione di Bell contribuisce a far chiarezza su quale scenario sia più realistico?
Dall’autore Franco Bagnoli:
“Si, esistono varie spiegazioni/interpretazioni che sono elencati qui
https://en.wikipedia.org/wiki/Wave_function_collapse
essenzialmente direi che ci sono le interpretazioni deterministiche, che dicono che la meccanica quantistica è una teoria deterministica, solo che c’è un fattore di fase che è sconosciuto (e che non si può misurare senza causare un entanglement), e la teoria a molti mondi è, secondo me, l’unica che “spieghi” correttamente come funziona, o le teorie “stocastiche” che dicono che il processo di base del collasso è intrinsecamente casuale. L’interpretazione di Copenhagen è stocastica (ma i risultati sono gli stessi di quella a molti mondi, se limitata ad un solo mondo). Il problema delle interpretazioni stocastiche è che in genere la stocasticità (almeno nel mondo macroscopico) deriva da processi caotici microscopici, il che suggerisce che ci siano processi ancora sconosciuti alla base del comportamento quantistico.
In realtà c’è una teoria deterministica analoga ai potenziali ritardati e anticipati dell’elettromagnetismo, che però (per quello che capisco) rinuncia al determinismo, ovvero suppone che un segnale possa provenire “dal futuro” e “informare” l’elettrone dell’esistenza di un’altra fenditura…
La teoria a variabili nascoste è deterministica, e presuppone che ci siano dei “campi” che comunicano appunto all’elettrone l’esistenza di altre fenditure, così come le onde del mare possono dare ad una nave informazioni su possibili aperture. A parte i problemi legati a questo “fluido” che ricorda un po’ l’etere, la disuguaglianza di Bell dice che questi segnali, se esistono, devono viaggiare più veloci della luce, il che contraddice la relatività…”