INFN

IL DONO DELLA MASSA DELL’INFN ALL’ARTSCIENCE MUSEUM DI SINGAPORE

Il Dono della Massa, l’installazione interattiva nata dalla collaborazione tra l’INFN e i videoartisti di embrio.net e Paolo Scoppola, è da oggi assieme alla mostra Collider all’ArtScience Museum di Singapore, nell’ambito di un’esposizione che intreccia arte d’avanguardia e scoperte scientifiche. “Siamo entusiasti di essere riusciti a mettere insieme i migliori talenti artistici e le più brillanti menti scientifiche in questa impressionante mostra”, ha commentato Honor Harger, direttore esecutivo dell’ArtScience Museum. “Questa esposizione all’ArtScience Museum unisce la ricerca di base, l’innovazione tecnologica e l’avanguardia artistica, così da raccontare alcuni dei più affascinanti aspetti dell’universo in modo coinvolgente e accessibile a diversi tipi di pubblico”, conclude Hanger. Dal 14 novembre al 14 febbraio i visitatori dell’ArtScience Museum potranno intraprendere un emozionante viaggio alla scoperta della fisica delle particelle. Ispirato alla scoperta bosone di Higgs, una delle conquiste più importanti per la fisica, il Dono della Massa, è un’installazione interattiva multischermo che accompagna in modo immersivo il visitatore dentro i concetti scientifici del campo di Higgs e del meccanismo di acquisizione della massa. La mostra Collider, invece, accompagnerà il pubblico fin dentro il superacceleratore LHC del CERN di Ginevra. Lungo questo viaggio, i visitatori incontreranno e faranno conoscenza con gli strumenti e i protagonisti della ricerca scientifica. La mostra ambisce così a coinvolgere diversi tipi di pubblico: da chi è scientificamente curioso, chi non ha alcuna conoscenza preliminare di fisica delle particelle. L’ArtScience Museum di Marina Bay Sands a Singapore è un’istituzione culturale di primo piano del Sud-Est asiatico, che esplora l'interrelazione tra arte, scienza, tecnologia e cultura. Dotato di 21 gallerie, il museo ha messo in scena grandi mostre di artisti chiave del XX° secolo, tra cui Salvador Dalí, Andy Warhol e Vincent Van Gogh, così come grandi mostre che esplorano aspetti della storia scientifica.

Continue reading

Fermi trova la prima pulsar extragalattica

lmc_whw_bigLa brillante sorgente gamma è situata all’interno della Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, ed è stata individuata grazie allo strumento LAT (Large Area Telescope) dell’osservatorio spaziale Fermi della NASA, missione a cui l’Italia contribuisce con l’INAF, l'INFN, l'ASI Continue reading

Non sarebbe notizia se…

Riquadro A Mappa gamma  (sull’intero intervallo di energia coperto dalla missione Fermi) di una regione di 10x 10 gradi centrata sulla Grande Nube di Magellano. Il contorno bianco mostra la forma della galassia misurata dall’emissione dell’idrogeno neutro. Riquadro B  zoom nella regione di 2x2 gradi centrata su 30 Doradus, ottenuta selezionando solo i fotoni con energia superiore a 2 GeV. Due sorgenti, corrispondeti ai pulsar PSR J0540−6919 and PSR J0537−6910 emergono chiaramente.Con quasi 200 pulsar rivelati in raggi gamma dalla missione Fermi, la notizia di una nuova stella di neutroni vista pulsare alle alta energie non farebbe notizia se non si trattasse del primo esempio di pulsar gamma rivelata al di fuori della nostra galassia Continue reading

SCOPERTA LA PRIMA PULSAR GAMMA AL DI FUORI DELLA NOSTRA GALASSIA

Per la prima volta è stato registrato un intenso flusso di raggi gamma provenienti da una pulsar, una stella di neutroni in rapida rotazione, che si trova al di fuori della nostra Galassia. La brillante sorgente gamma è situata all’interno della Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, ed è stata individuata grazie allo strumento LAT (Large Area Telescope) dell’osservatorio spaziale Fermi della NASA, missione a cui l’Italia contribuisce con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). La scoperta viene riportata oggi in un articolo pubblicato sulla rivista Science e realizzato dai ricercatori appartenenti al team internazionale dello strumento LAT.

«Nella sua scansione continua del cielo gamma, Fermi ha un’ottima copertura della Nube di Magellano» dice Patrizia Caraveo, responsabile per INAF dello sfruttamento scientifico dei dati Fermi LAT. «Inizialmente i dati della missione indicavano una emissione diffusa dalla Grande Nube di Magellano. La situazione è cambiata di recente con la disponibilità di più anni di dati che sono stati riprocessati con un nuovo software (noto come Pass 8) che permette una migliore ricostruzione degli eventi gamma».

La pulsar, denominata B0540-6919, è situata all’interno di una regione ricca di stelle, polveri e gas denominata ‘Nebulosa della Tarantola’ (anche nota come 30 Doradus), distante circa 160.000 anni luce da noi. Ad oggi è l’oggetto celeste della sua classe più luminoso nei raggi gamma, emettendo una quantità di radiazione circa venti volte maggiore della pulsar al centro della Nebulosa Granchio, la più studiata dagli astrofisici, con la quale condivide proprietà simili. Tra queste ci sono l’intensità del campo magnetico, la velocità di rotazione – compiendo un giro completo attorno al proprio asse in appena cinque centesimi di secondo – e l’età, stimata in circa 1.100 anni.  Per questo motivo B0540-6919 è stata ribattezzata la “gemella” della Pulsar Granchio.

«La nuova generazione di algoritmi è in grado di ricostruire con grande accuratezza l’energia e la direzione di provenienza di ogni fotone che attraversa il telescopio, – spiega Luca Latronico, responsabile per l’INFN del progetto Fermi – pertanto cominciamo a risolvere le singole sorgenti e le strutture morfologiche complesse dentro la Grande Nube di Magellano». «Ora dunque riusciamo a isolare sorgenti con caratteristiche eccezionali, come la pulsar B0540−6919, e a verificare la nostra comprensione dei meccanismi di accelerazione e propagazione dei raggi cosmici, osservando una galassia a noi vicina ma diversa dalla nostra», conclude Latronico.

La sorgente è stata osservata anche con altri strumenti, da terra e dallo spazio, in altre bande di radiazione, dai raggi X con il satellite RXTE fino alle onde radio, grazie al telescopio Parkes in Australia. Una serie di accurate e innovative osservazioni nella banda della luce visibile sono state condotte anche al telescopio NTT dell’ESO a La Silla, in Cile, con lo strumento Iqueye (Italian QUantum EYE), un fotometro quantistico messo a punto dai ricercatori dell’Università di Padova e dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova. «Iqueye ha consentito di rivelare alcuni straordinari dettagli della curva di luce di B0540-6919» commenta Luca Zampieri, astronomo della struttura INAF patavina, che ha partecipato alle indagini sulla pulsar. «Uno studio così accurato a lunghezze d'onda molto diverse è possibile solo in rari casi ed è cruciale per comprendere la forma del campo magnetico in queste potenti 'calamite' cosmiche»

«Il Large Aera Telescope (LAT) a bordo della missione Fermi della NASA, costruito con un fortissimo contributo italiano, continua a riservare soprese eccezionali» afferma Elisabetta Cavazzuti, Responsabile della missione Fermi per l’Agenzia Spaziale Italiana. «La scoperta della prima Pulsar che emette raggi gamma e si trova al di fuori della nostra Galassia» prosegue «pone nuova luce su queste sorgenti. La scoperta è stata possibile anche grazie ai continui sforzi della collaborazione del LAT nel migliorare costantemente la lettura dello strumento e l’analisi dei dati provenienti dal telescopio. Proprio a giugno di quest’anno, infatti, la collaborazione del LAT ha reso disponibile a tutta la comunità scientifica internazionale un nuovo modo di guardare i dati provenienti dal telescopio che ha reso possibile la scoperta della Pulsar B0540-6919».

FERMI (già GLAST, Gamma-Ray Large Area Telescope) è una missione internazionale ideata con lo scopo di esplorare il cielo ad altissime energie. Si tratta di un telescopio spaziale in grado di rivelare fotoni nel range gamma che va da 30 MeV ad 300 GeV. L’osservatorio spaziale Fermi, lanciato l’11 giugno 2008 con un Delta II, è una missione NASA con ampia collaborazione internazionale (Italia, Giappone, Francia, Svezia). Dopo l’attivazione in orbita, la missione è stata dedicata ad Enrico Fermi ed è ora nota come Fermi Gamma-Ray Telescope. La partecipazione Italiana alla missione Fermi si articola su un importante contributo di INFN e ASI alla progettazione e costruzione del tracker del LAT, e sulla gestione della missione in orbita e sull’analisi scientifica dei dati, compiti ai quali contribuiscono INAF, INFN e ASI-ASDC.

La scoperta viene presentata nell'articolo “An extremely bright gamma-ray pulsar in the Large Magellanic Cloud” della Collaborazione Fermi LAT, pubblicato nel numero del 13 novembre 2015 della rivista Science

Continue reading

XENON1T, AL VIA LA TRAPPOLA PER LA MATERIA OSCURA

xenon1t 1

COMUNICATO STAMPA - Oggi ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) viene aperta una nuova finestra sul cosmo, per dare la caccia alla sfuggente materia oscura: XENON1T. Alla cerimonia inaugurale, che si svolge nella Fermi Lecture Hall dei LNGS, prendono parte Elena Aprile, della Columbia University di New York, a capo della collaborazione internazionale XENON1T, Fernando Ferroni, presidente dell'INFN e Stefano Ragazzi, direttore dei LNGS, oltre ai ricercatori italiani coinvolti in XENON1T e ai massimi rappresentanti dei maggiori enti di ricerca mondiali che partecipano all’esperimento. XENON1T è, infatti, una collaborazione internazionale di 21 gruppi di ricerca, provenienti da Italia, USA, Germania, Svizzera, Portogallo, Francia, Paesi Bassi, Israele, Svezia e Abu Dhabi. Il gruppo italiano che partecipa all’esperimento XENON1T è costituito, insieme ai Laboratori del Gran Sasso, dalle sezioni INFN e dalle Università di Bologna e Torino.

Link for English version

“Illuminare l'oscurità” è lo slogan scelto dai ricercatori di XENON1T, che hanno l’ambizioso obiettivo di fare luce su uno dei misteri della fisica contemporanea: di che cosa sia fatta la materia che costituisce circa un quarto dell'universo. E l’esperimento che hanno realizzato è una vera e propria trappola per la materia oscura. “Per vedere le rare interazioni delle particelle di materia oscura con un rivelatore, è necessario costruire uno strumento con una grande massa e una radioattività estremamente bassa - spiega Elena Aprile, che coordina l’esperimento - altrimenti, il rischio è non avere alcuna chance di distinguere un evento dovuto alla materia oscura fra tanti altri segnali che costituiscono il rumore di fondo".

“I Laboratori sotterranei del Gran Sasso, che garantiscono uno schermo molto efficace di roccia, di spessore di circa 1400 metri, si arricchiscono oggi di un nuovo sofisticatissimo strumento per la rivelazione della sfuggente materia oscura”, commenta Stefano Ragazzi, direttore dei LNGS. “Grazie a questo rivelatore, che permetterà l'esplorazione di regioni al momento inaccessibili, i nostri Laboratori si confermano un luogo privilegiato per questo tipo di ricerche e una delle infrastrutture di ricerca più preziose e d’avanguardia a livello mondiale”, conclude Ragazzi.

La materia oscura
È uno degli ingredienti base del cosmo: è, infatti, cinque volte più abbondante della materia ordinaria che compone tutto ciò che conosciamo. I fisici sanno che esiste, che non assorbe, né emette luce. Ma non sanno ancora quale sia la sua natura. "Noi prevediamo che circa 100.000 particelle di materia oscura attraversino ogni secondo una superficie pari a quella di un'unghia", afferma Gabriella Sartorelli, coordinatrice del gruppo di ricercatori italiani. “Il fatto che non le abbiamo già osservate ci dice, tuttavia, che la loro probabilità di interagire con gli atomi dei nostri rivelatori è molto piccola, e che abbiamo, pertanto, bisogno di strumenti più grandi e più sensibili per trovare le rare firme di queste particelle”, conclude Sartorelli.

L'esperimento
Per catturare le particelle di materia oscura, i fisici di XENON1T hanno bisogno di condizioni particolari. A partire dal luogo in cui ospitare l'esperimento: le viscere del Gran Sasso, che schermano dai raggi cosmici, preservando così quello che i fisici chiamano “silenzio cosmico”. Ma la schermatura della sola montagna non è sufficiente. Anche l’esperimento dev'essere realizzato in modo idoneo a rivelare i rarissimi eventi di interazione della materia oscura con quella ordinaria. I fisici di XENON1T hanno scelto di utilizzare un gas nobile ultrapuro, lo xenon per l'appunto, raffreddato a una temperatura molto bassa, -95 0C, per mantenerlo allo stato liquido. Il rivelatore (la Camera a Proiezione di Tempo, TPC), cuore dell'esperimento, è in grado di dare un segnale quando le particelle interagiscono al suo interno. Il rivelatore è immerso in un criostato, un thermos, in acciaio inossidabile a bassa radioattività, contenente circa 3500 kg di xenon liquido. Ma non solo: per garantire una schermatura dalla radioattività ambientale, e dai muoni cosmici che possono produrre un ulteriore fondo all’interno del rivelatore, il thermos è a sua volta immerso in 700 m3 d'acqua ultrapura, all'interno di un contenitore alto circa 10 m, come un palazzo di tre piani, attrezzato con 84 fotomoltiplicatori che servono per rivelare il passaggio dei muoni cosmici.

La tecnica
Secondo i modelli teorici più accreditati, il vento di particelle prodotto dal movimento della Terra nell’alone di materia oscura che avvolge la Via Lattea può occasionalmente colpire i nuclei atomici di un materiale rivelatore, depositando una piccola quantità di energia, che solo uno strumento di grande sensibilità consente di osservare. In XENON1T le rare interazioni con le particelle di materia oscura producono nello xenon liquido due segnali: un lampo di luce primario e un segnale di carica che genera un secondo segnale di luce ritardato. I segnali luminosi sono catturati da 248 fotomoltiplicatori, sofisticati occhi capaci di rivelare ogni singolo fotone. Dall’analisi dei segnali i fisici di XENON1T possono poi misurare l'energia e la posizione dell'interazione, e la natura della particella.

“L’inizio della presa dati di XENON1T è previsto per la fine dell’anno, - spiega Walter Fulgione, dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso - e ci sono tutte le premesse non solo per verificare altri modelli di materia oscura, oltre a quello che prevede che sia costituita da WIMP (Weakly Interacting Massive Particle), ma soprattutto per riuscire finalmente a rivelarla. La raccolta dei dati durerà due anni - prosegue Fulgione -, ma i fisici di XENON1T stanno già guardando oltre. "L'esperimento - aggiunge Sartorelli - è concepito per ospitare 7,6 tonnellate di xenon, più del doppio della capacità di XENON1T, perché nel prossimo futuro vogliamo essere preparati ad aumentare la sua sensibilità con un rivelatore di massa più grande", conclude Sartorelli.

Il ruolo dell’Italia
Il gruppo italiano costituito dalle sezioni INFN e dalle Università di Bologna e Torino insieme ai Laboratori del Gran Sasso partecipa al progetto XENON da diversi anni e, oltre a contribuire alla presa e all’analisi dei dati, e alle simulazioni Montecarlo di XENON100, ha preso parte in modo considerevole alla progettazione e realizzazione di XENON1T, con responsabilità specifiche nella progettazione e realizzazione di tutte le infrastrutture dell’esperimento, del sistema di schermo di acqua, e dei fotorivelatori, oltre che nella simulazione Montecarlo dell'apparato e delle particelle in grado di attraversarlo. Simulazioni che rappresentano uno strumento potente e fondamentale perché consentono di studiare, e quindi eliminare, il rumore di fondo che inquina i segnali potenzialmente interessanti per i ricercatori.

Link a sito INFN per foto, video e infografiche scaricabili:
http://www.infn.it/comunicazione/download/

Continue reading

Xenon1T, il cacciatore di materia oscura

P1120276È stato inaugurato oggi l'esperimento il cui obiettivo è decifrare uno dei misteri della fisica contemporanea: di che cosa è fatta la materia che compone un quarto dell'universo. Continua così lo studio iniziato con Xenon100 Continue reading

[Video]: Renzi presenta Human Technopole nell’area Expo

Fonte: unita.tv Renzi: “Dal dopo Expo la nostra visione del futuro” Il premier presenta a Milano ‘Human Technopole. Italy 2040′, il progetto per l’area dove si è svolta l’esposizione universale. E ringrazia Sala: “Ma non posso dire altro…”Archiviato in:Rassegna Stampa Tagged: CERN, Expo, Human Technopole, IIT, INFN, Innovazione, Renzi, Ricerca, Ricercatori Continue reading

GLI ITALIANI INFN DELLA COLLABORAZIONE T2K TRA I PREMIATI DEL BREAKTHROUGH PRIZE

Koichiro Nishikawa e i membri della collaborazione T2K sono stati insigniti del prestigioso Breakthrough Prize for Fundamental Physics, per il ruolo che hanno svolto “nella fondamentale scoperta dell’oscillazione dei neutrini, superando una nuova frontiera della fisica e aprendo alla possibilità di andare oltre il modello standard della fisica delle particelle”. Il premio del valore di 3 milioni di dollari è condiviso con altre quattro collaborazioni internazionali di esperimenti che hanno contribuito allo studio del fenomeno dell’oscillazione dei neutrini: Daya Bay, KamLAND, SNO e Super-Kamiokande. La collaborazione T2K, cui l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare collabora con gruppi delle sezioni di Bari, Napoli, Padova e Roma, comprende oltre 500 membri di 64 Istituzioni in 12 Paesi. E Nishikawa è il padre fondatore ed è stato a lungo il capo non solo di T2K, ma anche del predecessore K2K, esperimento cui partecipava sempre l'INFN.

“Siamo molto orgogliosi e soddisfatti”, commenta Gabriella Catanesi, responsabile per l’INFN dei gruppi italiani nonché uno dei quattro componenti del comitato esecutivo che guida le attività dell’esperimento T2K. “Questo riconoscimento – prosegue Catanesi - premia i molti anni di sforzi per costruire, mettere in funzione e operare uno degli apparati  più complessi mai realizzati nel nostro settore”. “Dopo il premio Nobel a Kajita, che è uno dei nostri collaboratori e uno dei primi proponenti di T2K, per noi che ci abbiamo creduto fin dall’inizio è un bellissimo momento. Vorremmo inoltre sottolineare che questa scoperta non sarebbe stata possibile senza l’ostinato e instancabile sforzo dei ricercatori di tutto il mondo e del personale del complesso di J-PARC che, in soli 11 mesi, hanno ripristinato e rimesso in funzione l’intera struttura dopo il devastante terremoto dell’11 marzo 2011, permettendo all’esperimento T2K di continuare la presa dati bruscamente interrotta”, conclude Catanesi.

Nell’esperimento T2K un fascio di neutrini muonici è prodotto nel complesso di acceleratori per la ricerca chiamato J-PARC, localizzato vicino al villaggio di Tokai nella prefettura di Ibaraki, sulla costa est del Giappone. Il fascio di neutrini, adeguatamente monitorato da un insieme di rivelatori posti nel complesso di J-PARC, viene inviato a 295 km di distanza, dove viene intercettato dal gigantesco (50.000 tonnellate) rivelatore Super-Kamiokande, collocato all’interno delle miniere di Kamioka vicino alla costa ovest del Giappone. Analogamente a quanto avviene al CERN di Ginevra per LHC, fisici da tutto il mondo collaborano per realizzare le loro ricerche di frontiera. Ad esempio, il complesso sistema di rivelatori che studia il fascio neutrino a J-PARC è in larga parte frutto di una collaborazione fra fisici europei e nord-americani. I gruppi Italiani hanno proposto e progettato il ripristino dello storico magnete utilizzato dall’esperimento UA1 al CERN (che valse il premio Nobel a Carlo Rubbia nel 1983) e hanno partecipato al design e alla realizzazione delle tre grandi camere a deriva di nuova generazione. Attualmente fisici dell’INFN coordinano  importanti gruppi di analisi dei dati, in particolare per la ricerca degli antineutrini.

“Come INFN siamo molto felici per l'assegnazione di questo prestigioso premio ad esperimenti riguardanti lo studio delle oscillazioni dei neutrini e, in particolare, all'esperimento T2K, cui partecipiamo con un gruppo che, benché numericamente piccolo, ha dato contributi rilevanti allo sviluppo del progetto”, commenta Antonio Masiero, vicepresidente dell’INFN. “In questa occasione non possiamo che sottolineare anche gli importantissimi contributi, purtroppo non riconosciuti in questo contesto, dei Laboratori del Gran Sasso dell’INFN, leader in questo settore di ricerca, - prosegue Masiero - in particolare, in questo laboratorio l'esperimento Borexino ha misurato per la prima volta il flusso di tutte le componenti dei neutrini solari, dimostrando la validità dal cruciale meccanismo, chiamato MSW, che spiega le oscillazioni dei neutrini attraverso la materia solare". “Inoltre, è ai Laboratori INFN del Gran Sasso che nell'esperimento OPERA per la prima volta è stata direttamente evidenziata l'oscillazione dei neutrini da muonici a tau, osservando appunto la comparsa di neutrini di una specie diversa rispetto a quella dei neutrini inviati dal CERN”, conclude Masiero.

Il Breakthrough Prize, istituito dall’omonima Fondazione, celebra i migliori lavori scientifici e ha l’ambizioso proposito di ispirare la futura generazione di scienziati. La commissione per l’attribuzione del riconoscimento è presieduta da Cornelia I. Bargmann, e composta da Anne Wojcicki, Mark Zuckerberg, Jack Ma e Yuri Milner. La premiazione è avvenuta nel corso della cerimonia al NASA Ames Research Centre a Moffet Field in California, trasmessa in diretta televisiva negli Stati Uniti sul canale di National Geographic.

Continue reading